alchimia nigredo

SOLSTIZIO D’INVERNO PER GLI ALCHIMISTI

LA SPIRITUALITA’ DELL’INVERNO

Un articolo del grande esperto di alchimia Giorgio Sangiorgio, tratto dal sito Il Convivio

 

“La seconda metà di Dicembre è il periodo delle celebrazioni e dei festeggiamenti per il Natale e, come ogni anno, una moltitudine ormai globalizzata dai mass media commerciali, con giustificazioni astrattamente religiose, si immerge totalmente nel consumismo più sfrenato, senza comprendere che in questo periodo accade qualcosa di particolare, di magico: il fenomeno astronomico del solstizio d’inverno, che in passato assumeva un alto valore simbolico, in tutte le forme assunte nel mondo dalla tradizione spirituale.

inverno e alchimia

Il termine solstizio viene dal latino solstitium, che significa letteralmente il sole che sta fermo.

Infatti, se ci troviamo nell’emisfero nord della terra, nei giorni che vanno dal 22 al 24 dicembre, possiamo osservare come il sole sembra fermarsi nel cielo, fenomeno tanto più evidente quanto più ci si avvicina all’equatore.

Per la tradizione spirituale, il sole nel solstizio simbolicamente muore per poi rinascere, perché manifesta la sua durata minima di luce: all’incirca 8 ore e 50/55 minuti. Ma poi, passato il giorno più corto dell’anno, terminato il suo ciclico percorso discendente lungo l’eclittica, il sole riprende nuovamente un percorso ascendente.

La luce del giorno torna gradatamente ad aumentare e il buio della notte a ridursi fino al solstizio d’estate, quando abbiamo il giorno più lungo dell’anno e la notte più corta.

Il giorno del solstizio cade tradizionalmente il 21 dicembre, ma l’inizio di questa ripresa diventa visibile il terzo/quarto giorno successivo. Il 21 Dicembre il sole pare precipitare nell’oscurità, ma poi ritorna vitale e sconfigge le tenebre il 25 Dicembre, quando sembra rinascere, cioè avere un nuovo natale.

In epoca preistorica il solstizio d’inverno era celebrato presso le costruzioni megalitiche, che ancora sono visibili in Gran Bretagna e in Irlanda, attorno alle incisioni rupestri in Iran e nella Val Camonica in Italia. Il solstizio d’inverno ha ispirato l’opera di numerosi autori classici, da Esiodo ad Eraclito di Efeso, da Omero a Virgilio. Questo evento veniva atteso e celebrato da tutte le popolazioni indoeuropee come rinascita del dio Sole.

(Leggi anche “Solstizio d’inverno e alchimia”)

“La Terra è l’elemento legato al Solstizio d’Inverno ed è influenzato da Saturno, il quale rappresenta il processo d’incarnazione.”

magia inverno
Foto di Foundry Co

Le origini di questi culti vanno ricercate nel fatto che il sole era considerato il principio della vita sulla terra e quindi andava venerato.

Agli albori dell’umanità già esisteva un ricco calendario di feste annuali e stagionali, di riti di propiziazione e rinnovamento. I popoli dell’antichità erano intimamente legati ai cicli della natura, poiché da essi dipendeva la loro sopravvivenza, il risultato del loro lavoro. Nell’antichità i fenomeni naturali apparivano indecifrabili, incombenti, potenti espressioni di forze metafisiche da accattivarsi, perché l’uomo comune si sentiva parte della natura, ma in posizione di debolezza, d’inferiorità. Per questo, attraverso il rito, si cercava di entrare in simpatia con questa o quella forza divina.

Al centro dei cicli naturali vi è l’astro che scandisce il ritmo della giornata, che determina in agricoltura i cicli della germinazione e fruttificazione.

Per l’uomo primitivo vedere il sole perdere forza d’inverno era un’esperienza tragica, che doveva esorcizzarsi con riti che avessero lo scopo di evitare che il sole non si innalzasse più nel cielo, col rischio di piombare nell’oscurità e nella morte.

Con particolari cerimonie si manteneva accesa la fede in un ritorno della luce e della vita. Nelle antiche festività collegate al solstizio d’inverno venivano accesi dei grandi fuochi, che avevano la funzione magica di ridare forza al sole indebolito e questa usanza si ritrova nella tradizione natalizia di bruciare il ceppo nel camino la notte della vigilia o delle luminarie posizionate sugli alberi o nelle strade.

Per tutti questi motivi, tra il 21 e il 25 dicembre, quasi tutti i popoli dell’antichità celebrano la nascita dei loro esseri divini o soprannaturali, alcuni di essi tra l’altro nati in una grotta o da una vergine.

In Egitto si festeggia la nascita del dio Horo e si crede che il padre Osiride sia nato nello stesso periodo. Nel Messico precolombiano nasce il dio Quetzalcoath, in Grecia il dio Dioniso, nonché Ercole e Adone. Il dio Freyr, figlio di Odino e di Freya, è festeggiato dalle genti del Nord, Zaratustra in Azerbaigian, Buddha, in Oriente, Krishna, in India, Scing-Shin in Cina. In Persia si celebra il dio guerriero Mithra, detto il Salvatore e a Babilonia vede la luce il dio Tammuz, unico figlio della dea Istar, rappresentata col figlio divino fra le braccia e con un’aureola di dodici stelle intorno al capo.

Nell’Impero Romano, in una data compresa tra il 21 e il 25 dicembre, si celebra solennemente il Dies Natalis Solis Invicti, il giorno del Natale del Sole Invitto. La chiesa Cattolica, infine, fa coincidere la nascita di Gesù Cristo con questa festività, oramai celebrata in tutta l’area dell’impero.

Anche l’immagine di Horus in braccio a Iside, spesso raffigurato come un bambino con la corona solare sul capo, ricorda l’iconografia cristiana della Madonna col Bambino.

Per l’iniziato alle conoscenze ermetiche, consapevole dei mutamenti luminosi ed energetici degli astri, più sensibile dell’uomo comune, ormai condizionato dalla luce artificiale e da una vita non più in contatto con la natura, questo è il periodo in cui non solo il sole, ma anche l’esistenza interiore si ferma e s’immerge in una notte cosmica, nella matrice oscura e proteiforme dell’esistenza. In questo modo, per analogia e simpatia, si ricade nello stato virtuale e illimitato delle origini.

Il solstizio d’inverno rappresenta una rigenerazione cosmica e un’analoga rigenerazione interiore, in cui il sole è il simbolo della luce e dell’energia spirituali dell’uomo, essendo associato all’idea di una sua possibile salvezza dopo la morte.

Nella notte del solstizio l’iniziato opera una morte simbolica ed una successiva rinascita, superando le contaminazioni e i condizionamenti dell’esistenza trascorsa, purificando il proprio stato materiale corrotto, sviluppando uno stato dove è possibile accedere ad una dimensione metafisica, in cui l’uomo, sperimentando in sé l’Assoluto unitario ed eterno, può intraprendere la strada di una trasmutazione sovra individuale o trans personale.

Nello stesso modo, ogni anno il seme è gettato nella profondità della terra e nella oscurità fermenta, germina e infine rispunta alla luce del sole, come nuovo germoglio.

Tra l’altro, se si è in sintonia col periodo che precede il solstizio, si può capire in che cosa consista una delle principali tappe dei processi alchemici: le tenebre interiori, che s’infittiscono e sembrano interminabili, nel culmine della cosiddetta Opera al nero o in latino Nigredo.

L’alchimia, nel suo ciclico percorso operativo, considera i simboli astronomici e tutto il simbolismo vivente della natura, soprattutto il fenomeno particolare dei solstizi e degli equinozi.

L’alchimia, infatti, può definirsi una profonda conoscenza dei processi meno visibili che guidano la natura e l’esistenza dell’uomo, basata sulla visione di un universo unitario e vivente, di cui l’uomo è parte integrante fondamentale, e sulle corrispondenze che uniscono terra e cielo, microcosmo uomo e macrocosmo universo.

Il segreto dell’operatività alchemica, tenuto sempre nascosto con un linguaggio cifrato e metafore oscure, consiste nell’attrazione e assorbimento – da parte dei campi magnetici del materiale manipolato e dello spesso operatore – di ciò che dagli alchimisti è considerato il potere fondamentale dell’universo, senza il quale nessuna evoluzione è possibile: la volontà ideatrice dell’Assoluto, che si riflette in un mondo fisico e ne diviene l’energia generatrice inesauribile.

I due aspetti di questo potere fondamentale, la volontà che si manifesta internamente, nella sfera non visibile o immateriale della manifestazione divina, e l’energia che si muove esternamente, nella sfera visibile o materiale della stessa manifestazione, sono per l’Ermetismo lo spirito eterno e l’anima universale.

Attrattore ed espressione dell’energia infinita dell’Assoluto può diventare lo stesso alchimista, se è capace di farla circolare con regolarità nell’alambicco, oppure in canali e centraline all’interno del complesso cibernetico del corpo.

L’energia infinita del mondo deve fluire in quantità sempre maggiori, tali da risvegliare il potere dello spirito eterno, che normalmente è nascosto nella profondità della materia o nell’inconscio dell’uomo.

Tale processo è stato descritto in maniera simbolica principalmente da quattro modelli, che hanno avuto in passato più o meno fortuna e sono stati usati più o meno frequentemente dagli autori di testi alchemici.

Uno di essi associa la trasmutazione alchemica al ciclo annuale del sole, che fa maturare i frutti della natura, rappresentato nella Tradizione dalla ruota dei dodici segni dello Zodiaco.

Tale ruota, che gira incessante in senso antiorario, rappresenta il ciclo della vita, prodotta dal movimento e che si manifesta con la trasformazione.

Essa indica dodici costellazioni fisse, dodici potenzialità dell’emanazione unica dell’Assoluto, che possono manifestarsi nel corso di ogni esistenza spazio temporale. Inoltre lo Zodiaco indica dodici passaggi, dalla nascita fino alla morte e oltre, nella vita individuale. Ma nel ricercatore lo stesso Zodiaco può indicare dodici fasi di trasformazione della sua coscienza.

Il ciclo del sole, suddiviso in quattro diverse stagioni, descrive quattro regimi del fuoco alchemico purificatore, che modifica gli umori, lo stato emotivo e psichico abituali. Questi regimi, costituiti ognuno da tre segni zodiacali, sono chiamati opera al nero, opera al verde o viriditas, opera al bianco o albedo ed opera al rosso o rubedo. […]

I segni zodiacali sono associati a dodici operazioni che si ripetono per più anni: la Bilancia alla chiusura ermetica del composto; lo Scorpione alla macerazione d’una parte del componente spesso; il Sagittario alla congelazione del componente dissolto dalla macerazione; il Capricorno alla fissazione d’una parte del componente mobile; l’Acquario alla soluzione d’una parte del componente fisso; i Pesci alla fluidificazione del composto così preparato; l’Ariete al surriscaldamento d’una parte del composto preparato; il Toro alla fermentazione d’una parte del componente spesso; i Gemelli alla evaporazione e separazione d’una parte del componente sottile dallo spesso; il Cancro alla condensazione del componente sottile separato; il Leone alla riunione dei componenti separati e all’esaltazione del composto; la Vergine alla finalizzazione o proiezione del composto esaltato.

Dopo la Vergine, il segno doppio della Bilancia è da una parte associata all’utilizzo equilibrato del potere sviluppatosi nel composto finalizzato e dall’altra ad una nuova chiusura ermetica dello stesso composto, per un altro ciclo annuale di lavorazione. Prima dell’inizio di un’operazione annuale, la Bilancia segna una fase di stacco e di sospensione dal precedente stato d’essere e di vivere, e quindi il segno è sia fine del ciclo precedente che inizio del ciclo successivo.

[…]

Alla fine empatia e simpatia dovranno essere in equilibrio e non sbilanciarsi troppo verso l’esterno o gli altri, oppure verso l’interno o l’IO.

Un’analoga successione di regimi avviene, nel brevissimo ciclo di una giornata, tramite il tramonto, la mezzanotte, l’alba, il mezzogiorno e di nuovo il tramonto, oppure avviene nel breve ciclo mensile, tramite la luna calante, la luna nera, la luna crescente, la luna bianca e di nuovo luna calante.

Tuttavia le caratteristiche saranno meno pronunciate, di minore intensità, rispetto al ciclo annuale stagionale.”

GIORGIO SANGIORGIO


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