vergine sacerdotessa

SIGNIFICATO ANCESTRALE DI “VERGINE”

IL SIGNIFICATO ANTICO DI VERGINITA’

Le dee vergini erano, nella mitologia, le divinità che non necessitavano della presenza di un consorte maschile per manifestare al massimo la loro natura e la loro funzione. Ma, sopra ogni cosa, non necessitavano dell’approvazione maschile.

Nella nostra mitologia (greca) esse sono Artemide, dea della caccia, della natura e della luna; Atena, dea della saggezza e dei mestieri; Estia, dea del focolare e del tempio.

“L’aspetto della dea vergine rappresenta quella parte della donna che un uomo può non riuscire a possedere né ‘a penetrare’ mai, che non viene toccata dal bisogno di un uomo o della sua approvazione, che esiste di per sé, interamente separata da lui. Quando la donna vive secondo un archetipo vergine, non vuol dire che lo sia fisicamente o in senso letterale, ma che un’importante parte di lei lo è in senso psicologico.”

(Da: “Le dee dentro la donna. Una nuova psicologia femminile”, Jean S. Bolen)

 

Questo non ha mai significato, dunque, che esse (e soprattutto gli archetipi che esse rappresentano) non sapessero approcciarsi al Maschile, non lo amassero o non praticassero il sesso.

Questo concetto risale alla scissione operata dalla Chiesa, in cui le persone sono state private dei potenziali dell’utilizzo dell’energia sessuale (a scopi propiziatori, terapeutici per sé e per gli altri e a scopi “magici” = per modificare la realtà).

Com’è risaputo da molti, inibendo e convogliando l’energia sessuale delle persone verso il sistema di potere centrale, le si priva del loro potere

– individuale, creativo e mistico

e le si può controllare molto meglio. Quindi, da allora, “vergine” divenne sinonimo di illibata, non familiare con la fisicità maschile, priva dell’esperienza del sesso con un uomo – laddove la sessualità venne infangata come sporca, impura e capace di cor-rompere, di rompere l’integrità della donna.

Ancora oggi, se studiamo un po’ degli archetipi classici (ossia risalenti alle varie mitologie), la donna che, inconsapevolmente, incarna una dea vergine è una donna molto indipendente, che si nutre della propria creatività, che veste la propria missione di vita e in essa riversa molta della sua libido. Una donna così si può manifestare nel pieno della sua realizzazione senza bisogno di sottostare all’istituzione del matrimonio (in senso ecclesiastico e sociale). E in altri tempi, erano dolori…

Ma questo viceversa non significa affatto che essa non possa amare un uomo, sposarsi e che non possa avere un ottimo rapporto con il sesso. “Vergine” era ed è da intendersi in senso psichico ed energetico, nel modo di rapportarsi alla vita e al proprio operato.

verginità
Image by Engin Akyurt

ETIMOLOGIA

Andiamo un attimo all’etimologia.

L’etimologia della parola vergine, in latino virgo, si riallaccia alla radice indoeuropea varg- = essere gonfio, turgido, rigoglioso e quindi, in senso lato, maturo (al matrimonio o all’attività sessuale in genere).

Da sottolineare che la stessa radice sanscrita varg- o urg’- si ritrova nell’etimologia del termine orgasmo che, letteralmente, esprime l’idea dell’esuberanza o nel termine greco ργς (orgàs) = fertile (riferibile sia ad un terreno, sia ad una ragazza pronta al matrimonio).

Alla luce di tale interpretazione etimologica, la parola vergine indica solo indirettamente lo status di “illibatezza” che il linguaggio corrente attribuisce a questo termine. L’originario significato della parola vergine esprime, in primis, piuttosto la condizione di maturità alla vita sessuale […].

(Dal sito Etimo Italiano – Più sotto troviamo un’altra versione dell’etimologia di “vergine”)

Questo è un aspetto della Dea che risale a prima che gli uomini avessero consapevolezza del legame causale tra sessualità e maternità.

IMMACOLATA CONCEZIONE

Andiamo ora a vedere un significato della nascita verginale – che contrariamente a quanto si è creduto nel Cristianesimo cattolico, è sempre stata da intendersi in senso simbolico e non fisico. L’argomento mi sta particolarmente a cuore, in quanto nata il giorno dell’Immacolata Concezione (8 dicembre).

Nel libro “Dee – I misteri del divino femminileJoseph Campbell (saggista e storico delle religioni) ci dice al riguardo (neretto mio):

 

“Ecco uno dei principali ruoli mitologici del principio femminile: ci mette al mondo come entità fisiche, ma è anche la madre della nostra seconda nascita – quella spirituale.

Questo è il significato fondamentale della nascita verginale: i nostri corpi nascono in modo naturale, ma a un certo punto c’è un risveglio della nostra natura spirituale, che è la natura umana più elevata, quella che non si limita a duplicare il mondo dei desideri animali, degli impulsi erotici, di dominio e del sonno.

Si risveglia in noi l’idea di un obiettivo spirituale, di una vita spirituale: una vita essenzialmente umana, mistica, da vivere al di sopra della dimensione del cibo, del sesso, dell’economia, della politica, della sociologia. In questa sfera della dimensione misteriosa, la donna rappresenta colei che risveglia, che dà vita.

Nelle grotte in cui i figli venivano iniziati, trasformati da figli della propria madre fisica a figli della Madre cosmica, lì nel ventre della terra, l’uomo sperimentava una rinascita simbolica.”

Iside è stata venerata dagli Egizi a partire dal IV secolo a. C. e il suo culto si diffuse poi in tutto il Mediterraneo, praticato a Roma fino all’editto di Costantino, ben nel 312 d.C.!

Iside era “moglie e madre ideale e come signora della natura e della magia. Essa era simbolo della fertilità e della purezza.

Suo figlio Horus, detto anche “Dio Sole” nasceva il 25 dicembre, era il figlio di Dio, veniva considerato un messia e nella sua vita terrena compiva molti miracoli.” (Erminia Orassi – Vesuvio Online).

Fertilità e purezza non erano affatto in contraddizione.

Tanto che, tra i suoi appellativi, ritroviamo anche quello della “grande Vergine”. Da lei (da Iside!) deriva probabilmente il culto della Vergine Maria, che presenta anche tratti simili all’iconografia della prima (disco solare attorno alla testa, il bambino in braccio tipico anche della Madonna nera, ecc.).

vergine sacra
Image by Engin Akyurt

La stessa Lilith, tanto controversa, scomoda e per questo poi sostituita da Eva, era una figura indipendente: il suo agire non necessitava dell’approvazione maschile.

Carla Babudri ci parla di una ferita ancestrale nel maschile che deriverebbe dalla capacità di Lilith di realizzarsi senza di lui – questioni, naturalmente, che a livello archetipico continuano a lavorare dentro di noi, anche se non ne siamo consapevoli.

Gli psicologi identificano questa dinamica come il momento in cui vedersela con se stessi, senza l’ausilio:
1. Di una figura femminile che svolga le veci della madre;
2. Di una figura femminile esterna per riuscire ad integrare il proprio femminino interiore.

(In rete puoi trovare i miei libri sul “Maschile sacro”)

Il passaggio che veniva segnato dall’iniziazione. L’uomo diventa uomo in virtù di questa ferita (come comprese genialmente Robert Bly).

(Articolo “Sessualità sacra tra i due principi primordiali”)

Ma si tratta anche dello spavento del Maschile davanti alla “Vergine” (nel suo significato originario): davanti alla mutevolezza femminile, al suo mistero, al suo potere di farlo entrare in spazi sconosciuti – se non “addomesticata” come abbiamo visto in tante figure femminili in epoca patriarcale (in primis la “Vergine” Maria).

Addomesticata, da domus (casa): riportata alla casa, che appartiene alla casa; non alla foresta, non all’inconscio e al suo potere, non a se stessa. 

Tanti sono i libri e gli articoli che parlano di questi concetti astratti, ma nella pratica di cosa stiamo parlando?

@ Stiamo parlando delle resistenze maschili di fronte a una donna in contatto con il proprio centro (la creazione in senso lato) e della paura da cui esse generano.

@ Stiamo parlando di come la società ha avuto bisogno di rendere vergognosi tali poteri, al fine di imprigionarli – rimuovendoli dalle persone (“rimozione” anche in senso psichico, oltre che pratico).

@ Stiamo parlando di come, togliendo alla donna il suo potere interiore fondante (che nulla ha a che fare con il concetto di “potere” che intendiamo oggi, in senso capitalistico o politico), si sia fatto crollare anche il Maschile e per gli uomini sia rimasto da vestire solo il suo lato negativo.

@ Stiamo parlando di come da sempre l’essere umano, come l’animale, preferisca la sua zona di comfort, come ad esempio una donna “addomesticata” che esegua la sua performance sessuale già prevista o prevedibile, rispetto a una donna che sconfini nelle zone da cui può trarre, e usare, energie cosmiche, transpersonali – e attraverso di esse trasformare entrambi (senzienti).

Concludo con un brano tratto da una storica molto interessante, Roberta Rio, che ha scritto il libro “Sesso sacro” (neretto mio).

 

“Talvolta le sacerdotesse godevano di considerazione in quanto incarnazione vivente della dea (Ishtar) e spose del dio, e, qualora avessero generato figli, essi erano considerati divini. […]

Esse erano definite “vergini”, “sante”, “pure” proprio nella loro specifica funzione erotica e sessuale, cosa per noi assolutamente inconcepibile.

Il Cristianesimo ci ha educati al dogma della Vergine Maria che concepì Gesù grazie allo Spirito Santo e non attraverso un rapporto carnale con un uomo. Nel pensiero comune, sono definiti “vergini” coloro che non hanno avuto ancora alcun rapporto sessuale. Questo è considerato sinonimo di purezza, mentre alla sessualità vengono attribuite espressioni legate alla sporcizia e all’impurità. […]

L’accezione di verginità a cui siamo stati educati è puramente fisica, relativa al corpo, ovvero agli organi sessuali. Le sacerdotesse che praticavano il sesso a fini rituali, dopo la prima volta, non erano sicuramente più vergini fisicamente. Eppure continuavano a essere definite “vergini”, “sante”, “pure”.

Della dea Ishtar si metteva in risalto che era Vergine e Prostituta. Senza che questo fosse sentito all’epoca come una contraddizione. […]

La parola “vergine” deriva dal latino virgo, virginis, che peraltro ha la stessa radice di Venere, ovvero l’Afrodite latina, in nome della quale nel periodo classico romano continuò a essere praticata la prostituzione sacra. […]

In “virginis” riconosciamo due componenti: -ginis, sostantivo che si riferisce alla donna nel suo essere femmina, ovvero nei suoi attributi sessuali. L’altra componente è vir, in cui riconosciamo la radice ir, iq, ier. In greco ieròs significa “sotto influsso divino”: come Maria che portò al mondo il Cristo.

In sintesi, la vergine è colei che conserva intatto in sé lo schema originale (matrice) della generazione di un nuovo essere. Questo non ha niente a che fare con la verginità fisica e non si perde con i rapporti sessuali.”

Qui la mia intervista su TACCOPUNTA sul significato archetipico e antico di verginità al femminile.


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2 Commenti

  1. Domenico Zampieri detto il Domenichino, Vergine con unicorno, 1604, affresco,Roma, Palazzo Farnese, Galleria dei Carracci L unicorno, denominato nell italiano antico alicorno, collocato accanto a una ragazza, rappresenta la purezza, non suscitata dall indifferenza nei confronti dei piaceri carnali, ma dominata dalla castita, cioe da una rinuncia consapevole all eros, pur nella difficolta che esso comporta. Rinuncia che puo essere pur temporanea, in attesa del sacramento matrimoniale. L unicorno era infatti considerato un animale sessualmente focoso, basilarmente intemperante nei confronti dei propri desideri sessuali. I suoi massimi appetiti si riteneva che fossero suscitati dalle ragazze, al punto che, nell antichita si pensava che potesse essere catturando, lasciando come esca, nel bosco o in una radura, una vergine, cioe una donzella. L immagine puo essere ben compresa nella bruciante definizione che ne da Leonardo da Vinci, all interno degli scritti dedicati alla funzione simbolica degli animali. Concetto che egli riprende dagli antichi, ma che stempera nella propria contemporaneita e che risulta utilissimo per comprendere il significato della presenza di questo animale immaginario nella pittura medievale e rinascimentale, nelle insegne araldiche, nelle imprese e nelle arti minori.

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