CAMBIAMO SISTEMA
SANGUE E LINFA
Liberarsi del dazio da pagare per vivere
Il film Conversazioni Con Dio inizia con la voce fuoricampo di Dio che dice al protagonista:
“Non ne hai avuto ancora abbastanza? Non ne hai avuto ancora abbastanza? Sei pronto ora?”
È buffo come le frasi giuste tornino fuori dall’archivio al momento giusto. È questo incipit che mi è tornato alla mente nell’iniziare a scrivere questo pezzo.
Il sistema in cui viviamo è causa di innumerevoli depressioni e suicidi.
Il sistema in cui viviamo ha decretato, tanto tempo fa, in un regime patriarcale rigido che ci ha dato altri esempi illustri nell’operato della Chiesa, che le persone debbano pagare dazio al loro Stato per qualunque loro talento o inclinazione vogliano esprimere a questo mondo. E, in generale, pagare dazio solo per il fatto di esistere, di prendersi un posto al mondo (immediatamente schedati con un codice).
L’incarnazione materiale dell’archetipo del peccato originale.
A nessuno è lasciata la libertà di crearsi l’attività di cui sostentarsi senza dover denunciare qualunque suo passo, pagare bolli e tasse in anticipo e investire la maggior parte del suo tempo in burocrazia, a discapito del “messaggio” (talento o servizio) che dovrebbe invece portare al servizio degli altri.
Nessuno può arrogarsi questa libertà e più che protestare in via virtuale non facciamo, e sai perché?
Perché ciò che oggi riveste le grandi paure collettive, ciò che ancora incarna i più grandi tabù mai affrontati (nonostante pensiamo siano stati affrontati tutti) e ciò che ancora è rimasto per noi inattaccabile, dopo le varie rivoluzioni, è la Finanza. La Finanza e la burocrazia di Stato.
Abbiamo detronizzato tanti complessi, archetipi pesanti, ombre, abissi, dipendenze, la Chiesa, l’omofobia, il patriarcato… ma quest’ultimo, l’abbiamo realmente detronizzato?
L’essere umano può dirsi “realizzato” solo se è riuscito a pagare tutti i dazi che gli vengono richiesti, a rispettare una tabella di marcia serrata decisa da altri e a versare il settanta percento del suo operato al bene comune forzatamente, un bene comune che troppo spesso si è rivelato apertamente bene di pochi, oligarchia. Ecco come ragiona la maggioranza, come nel “Discorso tipico dello schiavo” di Silvano Agosti.
Questo blog è nato in sincronicità con un’ondata già esistente di risveglio dell’energia femminina nel mondo (di cui io neanche ero consapevole).
Si trattano grandi temi alla base di tutto, ci stiamo muovendo in milioni nel mondo: autoguarigione e guarigione altrui, amore incondizionato, esoterismo, magia, riconnessione con le forze naturali e cosmiche, corpi sottili e campi energetici… rimboschimento e ripristino dell’ambiente.
Sicuramente c’è qualcun altro che sta pensando, come me, che i dogmi secondo i quali dobbiamo vivere, senza osare metterli in discussione, siano di stampo patriarcale e che non ci appartengano più.
Qualcun altro si starà rendendo conto che le minacce e la paura di perquisizioni, requisizioni e multe salate in caso si faccia quello per cui si è portati spontaneamente sono puri dogmi, eggregore, forme-pensiero. Non è così?
Sicuramente tanti se ne rendono conto. E allora è ora di dirlo, di dare corpo e realtà concreta a questa consapevolezza.
Qualcuno si è reso conto che la portata di paura che caricano termini come “lavoro nero” e “Finanza” è pari alla portata della paura che reggevano, in epoche diverse, “Chiesa”, “Santa Inquisizione”, “scomunica”, “eresia” o “briganti”?
I punti nevralgici che ci fanno squillare comunicandoci “allarme” sono gli stessi.
C’è gente che si è suicidata per non riuscire a far fronte al versamento dei contributi dei suoi collaboratori, senza rendersi conto che ciò che doveva mettere in dubbio non era la sua vita, ma il sistema obsoleto secondo il quale gli si richiedeva di vivere.
Non so voi, ma io sono stanca di vivere così. Siamo stanche di vivere secondo dettami che non ci appartengono. Siamo stanche di dover svolgere lavori inutili per approfittatori che il massimo che sanno fare è produrre plastica e sottopagare.
Siamo stanche di non poter esprimere il nostro demone divino nel mondo. Siamo stanche di dover avere paura se in segreto viviamo del far del bene alle persone, e queste ci ricompensano, ma il sistema non lo deve sapere, perché deve governare lui e vuole i nostri soldi, per un diritto autoproclamato.
Siamo stanche e stanchi tutti, questo sistema da tempi di patriarchi arretrati non appartiene più a nessuno di noi. E’ un sistema che va disobbedito e poi reintegrato.
È un sistema che oramai si sta strozzando con le sue stesse spire, perché quando arriva al punto (e l’ha fatto sotto nomi diversi in diverse epoche) di non permettere più alle sue vittime nemmeno di potersi muovere e respirare, la linfa rallenta o smette di scorrere, la gente si deprime o si vuole uccidere ma il sistema stesso morirà della carenza di vita da succhiare.
Il parassita muore se muore la sua metà, la vittima, la preda. È questo legame di dipendenza che dobbiamo spezzare. Perché di dipendenza si tratta, a tutti gli effetti.
Permettere alle persone di esprimere i propri talenti, le attività in cui risultano brave e lasciargliele svolgere al servizio degli altri, ridarebbe non solo linfa ma una spinta propulsiva inedita a questa società.
A quel punto, sarebbero le persone stesse, finalmente davvero realizzate, disposte a mettere a disposizione parte del loro guadagno per i servizi comuni. Ma sarà una piccola parte di ciascuno, perché il resto è sfruttamento e presa in giro. E non è più sostenibile.
Non ci accontenteremo più di una forma di libertà condizionata (sempre da qualcun altro).
Vogliamo la nostra libertà piena.
È ora che le persone possano esprimere i loro talenti e i loro doni liberamente, senza sempre l’ennesimo intermediario di turno. Abbiamo abbattuto la Chiesa. Stiamo abbattendo l’omofobia. Abbatteremo anche questo…
La burocrazia deve venire sradicata quasi tutta. Non importa se cadranno posti di lavoro: meglio, almeno finalmente queste persone annoiate impareranno a lasciar esprimere la loro anima. Potranno finalmente farlo.
Non possiamo più vivere passando tre quarti della nostra giornata a compilare moduli e a fare le code negli uffici cercando di capire le contradditorie leggi umane, in perpetuo cambiamento, anziché fare quello per cui siamo stati mandati al mondo.
Quei tempi sono passati, non ve ne siete accorti?
Abbiamo sovvertito cose impensabili.
Quando la donna è andata a votare sembrava una cosa surreale.
Quando si è iniziato a parlare delle campagne contro il maltrattamento dei cani, ci trattavano come se delirassimo.
Quando si è accennato al matrimonio omosessuale per la prima volta, sembrava che la società temesse la biblica punizione divina ancora ai nostri tempi.
Invece, tutto ciò che si è immaginato e pensato si è poi realizzato. Si realizzerà anche questo e non manca neanche tanto.
Non è difficile vederlo: la questione burocratica e finanziaria è rimasta l’ultimo mostro denudabile, l’ultimo tabù che ancora nessuno osa sfiorare. Quindi, essendo l’ultimo, adesso è anche diventato ben visibile e anche colpibile.
Basta.
Denudiamo anche questo mostro. Senza rabbia e senza fatica. Deve smetterla di limitare la vita. Sangue e linfa. È un essere che abbiamo creato noi e già da tanto tempo ha assunto vita propria.
Per questo nessuno osa sfidarlo o, meglio, denudarlo. Perché è diventato reale grazie a numerose generazioni che lo hanno pensato e temuto. Sotto le sue vesti, se si smette di credervi, si potrebbe ritrovare il nulla.
Ma adesso basta, adesso arriva anche il suo momento. Il mondo ha bisogno di rinnovarsi. È ora che ci riprendiamo in mano il nostro diritto a essere.
No, “Stato”, ti rispondo no: qualunque “stato” di fatto cambia e si trasforma in “divenire”. Non possiamo più aspettare di avere abbastanza denari e moduli e manuali di istruzione e carte firmate e bollate per farlo. Dobbiamo essere adesso. In tutto il nostro splendore.
A questo articolo ne seguirà un secondo sulla realtà profonda delle cose e le modalità di creazione di nuove realtà, basato sugli scritti di Vadim Zeland
(articolo “Da succubi a sovrani”).
Anche se ognuno ha il proprio percorso, spero di avervi nelle vicinanze.
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