sostare nel conflitto

ESSERE NEL FUOCO

ACCETTARE IL CONFLITTO PER TRASFORMARLO

Non riuscivo a ritrovarmi nei classici libri sulla comunicazione non violenta.

I loro suggerimenti e gli esempi di dialogo mi parevano estremamente artefatti.

E, soprattutto, pensavo che se provassi io ad applicare un simile approccio con certi personaggi, verrei immediatamente sbeffeggiata o direttamente sepolta. Altroché comunicazione non violenta.

Finché non ho incontrato Arnold Mindell, con il saggio ESSERE NEL FUOCO, suggeritomi dall’amico Antonio Graziano.

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Mindell, per me, è un genio. Finalmente ho trovato il libro sul tema che mi convince – e che sta letteralmente aprendo in me nuovi circuiti neuronali.

In ESSERE NEL FUOCO, Mindell si scaglia contro il “politically correct” dell’Occidente, ma anche dei circoli spirituali, per accogliere in pieno il conflitto, il fuoco, trovandovi dentro l’energia stessa della trasformazione delle relazioni.

Finalmente, trovo qualcuno che non solo mi suona autentico, ma la cui visione e metodo possono essere applicati sia a livello mondiale, che a livello nazionale, aziendale, familiare, di coppia e addirittura con se stessi nell’ “innerwork”.

Mindell, inoltre, per me equivale a una specie di Jung in quanto capostipite di una teoria che, in Occidente, andrebbe a ribaltare completamente la visione di tutta la psicologia e la psichiatria.

Ossia la convinzione che la causa del disagio non sia soggettiva, individuale, ma sia sempre inevitabilmente SOCIALE, COMUNITARIA (che si parli di famiglia, coppia, scuola, condominio, quartiere, ecc.).

tribù
Immagine da Pinterest

Essendomi negli ultimi anni, come A. Graziano, se pur in altri modi, prodigata molto nello studio e la riscoperta della nostra natura SOCIALE e della necessità di tornare a un sistema tribale/comunitario (se pur oggi moderno e tecnologico) – necessità sottolineata oggi spesso da varie fonti in svariate lingue del mondo occidentale, – sto vivendo Mindell come colui che apre la porta definitiva al “mondo nuovo”.

Leggendolo, ho quasi sentito il rumore e l’ossigeno che arriva una volta aperto quell’enorme portone che aspettava da secoli di mostrarci cose che a tante popolazioni native sono già chiare da sempre…

Consiglio vivamente a TUTTI di procurarsi e leggere questo libro, dovrebbero introdurlo in tutte le scuole e spero che lo facciano… Quantomeno fatelo in quelle private e parentali, se possibile.

QUESTO è il vero cambio di paradigma. Che si tratti di una lite in casa o che si tratti di uno scontro internazionale. Questo è il modo…

Questo libro inoltre mi aiuterà non poco nell’integrare i miei lavori sul PATRIARCA INTERIORE!

comunicazione non violenta
Immagine da Pixabay

Pazzesco come Mindell, in oltre 300 pagine, riesca ad andare a fondo in modo dettagliato e analitico in ogni dinamica in cui una parte ferisce l’altra, o le due parti si feriscono a vicenda, mostrando il sentire di ogni parte.

Quello che vi diverrà consapevole è impagabile. Vi aiuterà in primis a livello individuale ad affrontare molto meglio qualunque attrito stiate vivendo, con chiunque.

Mindell forever…. Grazie grande anima, pace all’anima tua (Mindell è mancato pochi mesi prima che scoprissi questo libro).

Qui sotto vi lascio solo dei “flash”, svariate frasi prese qua e là dal libro – anche se avrei voluto riportarne metà!

Evito il virgolettato per semplificare le cose.

Buone scoperte e buona lettura autunnale a tutti – e se lo leggete poi fatemi sapere!

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Image by Iván Tamás

BRANI DAL LIBRO “ESSERE NEL FUOCO” DI A. MINDELL

Il rango è una droga. Più ne avete e meno siete consapevoli dei suoi effetti negativi sugli altri.

Se trascuriamo la realtà del nostro rango, la comunicazione diventa confusa e si instaurano problemi relazionali cronici.

Nel mondo degli affari, chi è in alto raramente comprende i motivi delle lagnanze di chi è in basso. I dirigenti dimenticano il proprio potere e accusano quelli che occupano i gradini più bassi di tutti i problemi societari.

Il rango ci rende ciechi al valore degli altri.

Le nazioni dimenticano gli effetti del loro potere su paesi più piccoli e meno sviluppati. Se gli oppressi salissero e gli oppressori scendessero, è probabile che il mondo non cambierebbe in modo sostenibile. Perché? Perché un potere verrebbe sostituito ciecamente da un altro potere.

Solo quando tutti i membri di una comunità crescono nella consapevolezza del potere che è in loro e negli altri, può prodursi un vero cambiamento. 

(Parlando della psicologia e psichiatria): Certi termini, quando diventano normativi, abusano delle persone che non li sentono adatti a loro.

Nel momento dell’attacco contro i detentori di rango, i ribelli, non sono solo vittime, ma hanno una sorta di potere spirituale perché stanno chiedendo ‘giustizia’. Ma, come quelli che li hanno provocati, anche loro sono spesso inconsapevoli del loro potere. Le vittime non hanno automaticamente diritto all’aureola.

Quando scoppia il conflitto anche quelli con più potere diventano vulnera​bili.

Non capiscono che cosa sta accadendo. Sono confusi.

Un gruppo è ferito e indebolito perché i suoi membri sono stati socialmente oppressi; l’altro è psicologicamente debole perché i membri sono ciechi alla loro posizione.

Nel Wordwork non viviamo il politicamente corretto. Al contrario, togliamo il coperchio ai sentimenti. Chiunque hai il permesso di esprimere la sua verità. L’atmosfera si surriscalda. Se ci focalizziamo su questo fuoco, può essere trasformativo.

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Quasi ogni casa è un’area di conflitto.

Passare attraverso il nostro dolore e la nostra sofferenza è una preparazione inevitabile per impegnarci al cambiamento del mondo, forse la migliore di tutte.

Lo scopo è diventare consapevoli e usare il potere per creare comunità.

Che vi identifichiate o no con la vostra etnicità e con il vostro background culturale, vi identificano gli altri. Rendete chiare le vostre convinzioni e il vostro rango.

Mettete in tavola la vanità di rango, la superiorità e la sicurezza in voi stessi. Se il vostro potere è chiaro potete usarlo con saggezza, metterlo da parte o discuterlo insieme agli altri.

Anche se siete di rango basso dovete metterlo in chiaro. Può darsi che sia conseguenza di ferite infantili, di emarginazione sociale o di povertà spirituale. Smettete di pensare che voi c’è qualcosa di sbagliato e capirete che state facendo qualcosa per tutti noi.

Le coppie eterosessuali maggioritarie hanno un grande potere (alto rango). Lo scoprite quando siete nella condizione di single.

Anche se amano la loro condizione, i single possono comunque pensare che c’è qualcosa di sbagliato in loro per il fatto di non essere in coppia, perché le culture di tutto il mondo riconoscono rango alle coppie eterosessuali e non ai single.

Il semplice fatto che la generalità del mondo ritenga che in voi ci sia qualcosa di sbagliato, malato, perverso, anormale, disfunzionale, cattivo, infantile è una pressione difficile da combattere. A volte finite anche voi per crederci.

Quando portate alla luce i contenuti nascosti delle vostre interazioni faccia a faccia, state lavorando a problemi che sono del mondo.

La sofferenza vi rende più consci di quelli che si sentono inferiori.

Fate uscire i fantasmi. Create comunità.

Per seguire il processo avete bisogno di grande forza e potere, oltre alla coscienza di tutti i vostri vari ranghi. Al di là di quelli che sembrano problemi irresolubili c’è una via che conduce, in modo incomprensibile, all’unione.

Tollerate i momenti di paura, di caos. Invitate i fantasmi. Condividendo il vostro innerwork, parlate dei vostri poteri, usateli per far luce sui pregiudizi e scoprite che cosa la natura farà il momento successivo.

L’uso inconsapevole del rango provoca vendetta.

La psicologia ha appena iniziato a capire la vergogna e l’abuso. Per questo diciamo alle persone infuriate e piene di desiderio di vendetta che devono lavorare su se stesse, come se fossero state soltanto loro a creare il problema.

I giornali sono pieni di fraintendimenti rispetto alle persone infuriate. I tribunali sono oberati di casi in cui il movente è la vendetta, perché il sistema tratta la rabbia e il terrorismo come se si producessero dal nulla. Il problema è pandemico.

La violenza è in parte causata dal fatto che gli oppressi non possono difendersi dall’uso intenzionale e nascosto del rango maggioritario.

La vendetta è una forma di spiritualità, una sorta di potere spirituale che mira a equilibrare l’ingiustizia sociale. Nella Bibbia, è Dio stesso che raccomanda la legge dell’occhio per occhio.

Chi ha subito abusi ha solo due scelte: reprimere l’accaduto o abusare a sua volta.

Per proteggerci dalla rappresaglia, ci dissociamo dalla nostra rabbia e cerchiamo di comportarci come se non ci fosse.

Gli oggetti della vendetta percepiscono se stessi come vittime innocenti, facendo infuriare ancora di più gli individui privati dei diritti. Eppure, la vendetta è l’unico mezzo per attirare l’attenzione sull’ingiustizia che subiscono. Senza questa violenza, il resto del mondo non verrebbe mai messo di fronte ai suoi abusi di potere. La nostra ‘giustizia’ è soltanto un’altra forma di inconsapevolezza.

Un bravo facilitatore attenua i punti scottanti scendendo via via in profondità, esplorando le minacce e i doppi segnali.

Oggi, il desiderio di vendetta non elaborato è globalmente accettato come forza trainante della politica estera.

La vendetta è inoltre il modus operandi di molti individui. Ci sono probabilmente individui con un programma nascosto di vendetta per qualche riconoscimento non ottenuto in passato.

La violenza si fermerà solo se voi e io siamo disposti a lavorarci. Ciò significa interrompere la nostra vita per includervi la consapevolezza della sofferenza degli oppressi.

La ribellione viene spesso vista come la prova di una paranoia. Definendo il comportamento terroristico come sbagliato, deviante, socio-patologico, psicopatologico, la psicologia e la psichiatria cullano i gruppi maggioritari in un sempre maggiore autocompiacimento.

Questa diagnosi implica che non c’è niente che non va nello status quo politico e sociale e i problemi riguardano solo i ribelli.

I terapeuti devono riconoscere le implicazioni sociali del definire le reazioni violente come inappropriate.

Finché la psicologia e la psichiatria saranno socialmente inconsapevoli, continueranno a reprimere i giovani, le donne, i poveri, le persone di colore, gli anziani, i gay, le lesbiche, i ‘criminali’ e tutti quelli che soffrono di dipendenza dalle sostanze chimiche, come se tutte queste persone dovessero risolvere i loro problemi senza nessun cambiamento da parte del mondo.

In questo modo, la psicologia esaspera i problemi invece di alleviarli.

Sostenere che il lavoro psicologico ha la precedenza sul cambiamento sociale è abusante e non democratico.

In tutti noi nasce il terrorista quando sentiamo di non venire ascoltati o di non poterci difendere da situazioni oppressive create da individui e gruppi troppo grandi, potenti e temibili perché un individuo possa opporvisi correttamente.

I cosiddetti individui patologici, borderline, disfunzionali o psicotici sono potenziali elementi per un cambiamento del mondo.

Nei sintomi dobbiamo imparare a trovare significati e non solo patologie. Le esperienze interiori sono fondamentali per la cultura. Sì, a volte shoccano la maggioranza, ma le visioni sono trasformatrici.

I conflitti non si possono risolvere se i comportamenti inconsci non vengono portati alla coscienza.

Il facilitatore deve riconoscere la guerra tra fantasmi anche se gli altri non la vedono.

Tutti noi che abbiamo il privilegio di vivere al di fuori di una zona di guerra […] abbiamo questo atteggiamento altezzoso perché non siamo coscienti del nostro stesso terrorismo.

Il primo forum è il vostro cuore. In quanto facilitatori, in quanto esseri umani, dovete imparare ad ascoltare il cuore. La soluzione è quella che io chiamo la democrazia profonda.

Non deve sorprendere che chi sente la spinta a correggere gli errori della nostra cultura possa essere dispotico, intollerante e incline alla faziosità e alle lotte intestine.

Siamo tutti oppressi da una dominazione interna. Il desiderio di cambiare il mondo ci spinge a usare ogni tipo di potere. Una vittima dell’antisemitismo può essere razzista. Una vittima del razzismo, può essere omofobo. Chiunque di noi può essere vittima di un processo e simultaneamente carnefice in un altro.

Ai terroristi dovette spiegare che gli individui maggioritari non sono ancora consapevoli del loro ruolo nel processo. Ai maggioritari dovette rivolgere l’invito a prendere l’iniziativa per riparare a ciò che hanno fatto inavvertitamente.

Poiché i terroristi non sono sempre consapevoli di causare dolore, accusarli di questo non serve. Anzi, sollecitare a comprendere il dolore di un altro non fa che esacerbare il problema. Questa comprensione può avvenire solo tra gruppi di uguale potere sociale.

Dal loro punto di vista, sentire e comprendere il dolore degli altri è un lusso che non possono permettersi. Quello che vogliono è che gli altri capiscano il dolore che hanno inflitto a loro.

Notate quando non sentite assolutamente nulla, oppure quando provate paura, o dolore. Sono segnali forti del fatto che siete disturbati da qualcosa d’interno e o da un attacco esterno.

La stessa inestensibilità che vi è servita per sopravvivere a un attacco ora propaga l’abuso rendendovi ciechi all’attacco. Perpetuate inconsciamente il terrorismo rifiutandovi di affrontarlo.

Consentitevi di percepire i vostri sentimenti.

Non occorre avere combattuto in una guerra per fare esperienza di stress post traumatico. Qualunque situazione che vi ricorda problemi passati che non siete riusciti a risolvere, può strapparvi dall’amnesia che vi proteggeva dal dolore, provocando ansia e depressione.

La psichiatria maggioritaria ha ampiamente ignorato l’aspetto sociale dell’abuso.

Definisco abuso l’uso scorretto del potere fisico, psicologico-sociale, contro persone incapaci di difendersi perché non hanno un equivalente potere fisico, psicologico o sociale.

Se non riuscite a difendervi dall’abuso, aperto, nascosto o istituzionale, interiorizzate, inconsapevolmente i vostri assalitori, ne accettate le critiche e ne adottate lo stile.

Svilite voi stessi e finite con il sentirvi privi di valore, senza sapere perché. Il desiderio di vendetta, il senso di avercela con il mondo intero, indicano spesso una storia di abusi.

Le terapie non orientate al processo incoraggiano le identificazioni patologiche. Queste diagnosi possono essere utili, ma possono rivelarsi involontariamente abusanti se, ad esempio, non avete il potere di difendervi dalle opinioni o delle categorizzazioni degli esperti (N. d. R. es. bambini, persone prive della giusta formazione, ecc.).

Raccontare le storie è un rituale di guarigione essenziale tra le popolazioni native e dovrebbe essere un elemento risanante della nostra vita sin dall’infanzia.

Le storie di abuso sono molto dolorose e difficili da raccontare. Esigono un buon ascoltatore.

Un buon facilitatore guida con dolcezza e continuità: raccontami la storia, raccontami tutta la storia punto ti prego, raccontami quello che sai, tutto quello che sai, anche le cose più difficili. È importante per me.

Il lavoro interiore o psicologico deve sottolineare l’importanza dell’azione sociale allo scopo di fermare gli abusi.

La psicoterapia occidentale ha molto da imparare da uno sciamano, africano che diede insegnamenti ad A. Mindell, mia cognata, quando lavorava nello Zimbabwe.

Lo sciamano le disse di ritrovare il suo potere femminile radunando tutte le donne della sua famiglia, vecchie e giovani, per discutere dove fosse andato il loro potere femminile.

Quel guaritore africano sapeva che i problemi di abusi individuali sono problemi di gruppo.

Fate in modo che le donne, gli uomini, la famiglia, le diverse culture si radunino per ritrovare il potere della comunità, per discutere degli abusi e decidere che cosa fare a riguardo.

Lavorando ai nostri abusi personali interni ed esterni, contribuiamo a dare il via una nuova fase della storia in cui tutti creeremo cultura, questa volta consapevolmente e assieme.

Le leggi degli Stati non forniscono efficacemente queste protezioni, perché non possono sancire come crimine la mancanza di consapevolezza nelle interazioni personali.

– Brani dal libro ESSERE NEL FUOCO di A. Mindell


Il Bosco Femmina, Sonia Serravalli 
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