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PERCHE’ SIAMO ATTRATTI DAL LATO OSCURO

NOVEMBRE E LE SUE RIFLESSIONI

Su cosa si basa il successo di fenomeni come Halloween, di film dell’orrore, della nostra ricerca del gotico, del macabro e del grottesco (nei libri, nei festival, al cinema) e anche di trasgressioni più o meno pericolose che gli esseri umani ricercano, soprattutto da ragazzini?

Si basa sullo stesso ingrediente che ha reso il grandioso film JOKER un enorme (e meritatissimo) successo – e poi ti spiegherò perché.

E si basa anche sullo stesso ingrediente che ci fa capitare cose brutte, se non le integriamo prima nel nostro percorso personale, ma anche culturale e sociale collettivo.

il lato oscuro
Foto di Enrique Meseguer

Noi siamo attratti da ciò che ci è stato tolto.

In una società capace di guidare seriamente i giovani al passaggio verso l’età adulta, si insegna loro che la vita non è solo luce, divertimento forzato H24, fiducia in tutto e in tutti e comodità.

Si insegna loro con serenità e con fermezza che Madre Terra e il cosmo in cui abbiamo l’onore di vivere includono luce e ombra, vita e morte, giovinezza e vecchiaia, salute e malattia.

Noi tutti veniamo da una cultura e da un periodo storico in cui perfino il buio notturno è stato bandito, con l’invenzione della luce elettrica e il suo uso smodato. Non vediamo più neanche il cielo.

Veniamo da una cultura che pur di preservare la vita si comporta come la Morte in persona – con accanimenti terapeutici, ordini marziali, totale incapacità di preservare la diversità umana (e non solo).

Qui tutto deve essere lavato, sbiancato, plastificato, castrato, capitozzato, reso… anonimato. A-nonimo. Uguale a tutto e a tutti, basta che non sia spiacevole. O libero di essere (a sé).

gusto del macabro
Foto di ErikaWittlieb

UNA PARENTESI: IL FILM JOKER

Il film JOKER mi colpì profondamente, nel cuore, tanto che lo rividi due volte in pochi giorni. La sua genialità sta, a mio avviso, nell’aver dimostrato il fallimento della cultura occidentale.

L’aver fallito con il cuore umano, l’aver fallito con i più deboli, l’aver fallito totalmente con qualunque tipo di integrazione.

Il film mostra magistralmente quello da cui Claudio Risè ha cercato di metterci in guardia con il grandioso libro IL MASCHIO SELVATICO.

Ossia che l’aver voluto rinchiudere in cantina il lato oscuro dell’uomo, anziché andarlo a conoscere per trasformarlo, genera mostri. Mostri che, in cantina, fermentano. E ciò che fermenta prima o poi fa scoppiare il suo contenitore e si manifesta nel mondo nel peggiore dei modi e con il peggiore dei volti.

Noi siamo figli di questo modello qui.

Il protagonista Arthur inizia a danzare per la prima volta solo dopo aver ucciso.  Toccato il fondo, inizia a stare bene.

Dalla sua analista, poco empatica come tutto ciò che Arthur ha incontrato nella vita, un giorno sbotta: “Lei non mi ascolta, vero? Lei non mi ha mai ascoltato veramente.” E ha ragione.

Così come coloro che dovrebbero incanalare, condurre e insegnare ad attraversare i momenti cruciali di passaggio nella vita, il modo di relazionarsi e la gestione del nostro lato oscuro, non hanno neanche un’idea di cosa stiamo parlando e non ti ascoltano.

Perché a loro volta nessuno l’ha spiegato a loro e perché, a loro volta, sono state tarpate loro le ali da piccoli in un sistema che appiattisce e zittisce e, al massimo, insegna ad obbedire e a non dire “io voglio” (un mantra prezioso per realizzarsi, nell’interesse di tutta la comunità).

È come se così Arthur si ritrovasse, ritrovasse un suo centro che la società mai ha voluto riconoscergli. Qui acquisisce sicurezza, presenza, potere interiore, e perché? Perché qui e solo qui, per la prima volta nella sua vita, parte il riconoscimento degli altri. Qui e solo qui, solo dopo che ha ucciso un uomo, gli altri lo vedono, lo considerano.

“Fino a poco tempo fa, era come se nessuno mi vedesse.”

Mentre dalle TV i fantocci dei poteri forti ancora rintuzzano i loro messaggi totalmente inumani:

“Quelli di noi che hanno prodotto qualcosa vedranno quelli che non l’hanno fatto soltanto come clown.”

Arthur trova il coraggio di baciare una donna solo dopo aver ucciso. Qui, si riappropria in pieno del suo potere maschile per forza, con la violenza della natura più oscura, perché nessuno gli ha insegnato ad essere uomo nell’altro modo, perché nessuno nell’altro modo e in questa società l’ha VISTO.

Ogni volta che è stato gentile con un bambino, qualcuno l’ha rimproverato, visto come una minaccia o preso in giro.

Poi un giorno Arthur l’omicida, Arthur lo psicopatico, Arthur lo strano, il clown insanguinato e grottesco, va a ricercare colui che crede essere su padre. E alla sfottente domanda: “Che cosa vuoi?”

Grida: “Insomma siete tutti così indisponenti! Forse un po’ di calore!”

In una società così malata, Arthur sembra essere l’unico umano, l’unico che abbia ancora un cuore.

In questo, per quanto mi riguarda, il nocciolo della genialità del film.

“Per tutta la vita, non ho mai saputo se esistevo veramente. Ma esisto. E la gente inizia a notarlo…”

Le parole della madre di Arthur sono una granata nel cuore.

“Non l’ho mai visto piangere. È sempre allegro, io lo chiamo happy per questo motivo”…

lato oscuro

PERCHE’ SIAMO ATTRATTI DA CIO’ CHE CI INQUIETA

Come capirai, dunque, qualcosa di antico, di saggio e di ancora sveglio in noi continua a spingerci verso ciò che ci inquieta o che addirittura ci spaventa (o nessuno pagherebbe mai per andare a vedere un film horror, solo per fare un esempio).

La nostra bussola interiore (che la sa molto più lunga di noi perché viene da lontano) sa benissimo che se noi non integriamo anche l’archetipo, per esempio, della Morte (detto alla Jung) o del buio, dell’oscurità, del grottesco, del macabro, se non integriamo l’autunno e l’inverno in tutte, tutte le loro caratteristiche, ciò che rifiutiamo dentro si manifesterà fuori.

È così che l’essere umano è sempre incorso nelle cose brutte, preoccupanti, distruttive o persino inconcepibili. Sono inconcepibili proprio perché non ha saputo (almeno, non l’ha saputo la nostra cultura!) interiorizzarle affinché divengano innocue, venendo disinnescate in maniera del tutto automatica e naturale.

Questa è la vera integrazione. Provoca di riflesso una trasmutazione. È matematico.

Questo ci serve per fare il salto. Non una società che ti fa vedere solo fronzoli e luccichii in tutto, forzatamente.

Per questo siamo arrivati al punto da aver paura anche della nostra ombra – e lo dico qui in senso letterale, immagina in senso figurato cosa ciò significhi.

Ecco perché viviamo le foglie degli alberi come “sporco”, mettiamo l’erba finta nelle scuole, temiamo una ruga come la peste, temiamo una multa come una tortura medievale, temiamo una minaccia come un fatto avvenuto, abbiamo paura dei boschi e ci facciamo la doccia addirittura due volte al giorno.

Per comprendere meglio cosa s’intende per “integrazione” della parte ombra di noi, leggi anche questo articolo. Ti svelerà altre cosette…

Qui un articolo in cui spiego meglio le possibili soluzioni: COSA DOVREBBERO INSEGNARCI A SCUOLA.

E qui il mio articolo sull’iniziazione, cosa è e cosa comporta vivere in una società che l’ha cancellata.

Buone riflessioni e grazie.

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