discinta in chiesa

DISCINTA IN CHIESA

L’ABBRACCIO DI GESU’

In quel di Suvereto, meraviglioso borgo della Toscana, mi sono imbattuta in uno di quei luoghi in cui stai bene senza sapere perché.

Uno di quei rari luoghi che ti chiamano. Sacri per il tuo cuore.

Si tratta della chiesetta romanica antica posta prima della porta d’ingresso al borgo antico.

Generalmente non è certo quello il tipo di luogo che mi attira: vengo dai boschi e quasi tutte le chiese sono state costruite sull’uccisione di un albero sacro precedente e di un punto energetico scelto ai tempi dei “pagani” (“Madonna della quercia”, “Madonna dell’acero”, ecc.).

(Leggi anche: “Il disboscamento religioso”)discinta in chiesa

Foto Fine Art America

Ma in chiesette come questa, in cui regna lo stile romanico (nuda pietra antica), sento che la pietra è viva e vibrante come in una grotta di sale.

Infatti, ho dovuto tornarci due volte e toccare, toccare l’antica fonte battesimale, toccare i massi di pietra dei muri e toccare le venature della roccia, rimaste in alcune parti ancora intatte e mai lavorate.

Quando trovo un punto che conserva quel tipo di energia, sento in pochi minuti un benessere diffuso in tutto il corpo e nella mente. Quindi, poi devo tornarci, e godere a piene mani di questa misteriosa terapia invisibile che poi, nel tempo, quasi nessuno ti saprà spiegare (mi è successo, per esempio, in un sito maya in Guatemala e in Sinai, altrimenti in sogno).

Poi c’è stato un momento, un momento preciso, che mi ha fatta sentire trionfante, pacificata, piena d’amore corrisposto.

Ero poco vestita, per via del calore del giorno di fine maggio dentro i borghi di pietra.

Non ho mai capito né realmente accettato il divieto di entrare in chiesa con parti del corpo scoperte. Se la chiesa avesse rappresentato davvero Dio/Dea e davvero la nostra Madre e nostro Padre ciò non sarebbe mai avvenuto. Così come non sarebbero avvenute tante altre cose.

Siamo nati nudi. E quel giorno nella chiesetta magica di Suvereto mi sono sentita accolta.

Ero sola con il silenzio e con Dio, probabilmente non ancora scappato dal sito pagano che quel punto doveva rappresentare, come invece è avvenuto in tanti altri punti di ritrovo religioso in cui senti che l’energia è brutta e pesante.

E mi sentivo come se quella chiesa e quel momento fossero tutti per me, come se l’attenzione del Divino nel mondo fosse indivisa e mi stesse abbracciando, esattamente com’ero.

donna e chiesa
Foto di Comfreak

Mi piace toccare la fonte battesimale e sentire la pietra che parla e racconta.

Un amico delle Foreste Casentinesi di recente mi ha detto che anziché sentirci frammentati, dovremmo imparare a sentirci un mosaico. E proprio pochi giorni dopo questa chiesetta mi offriva, in una cappella laterale, anche un mosaico bizantino oro e azzurro.

Il momento clou è stato quando, dopo tanto toccare e annusare i muri e lasciarmi trasportare dai dettagli ho iniziato camminare in maniera flessuosa e del tutto sicura verso l’altare. Così com’ero. Sola. Verso l’icona di Gesù e senza pensare a coprirmi. Verso il cuore della chiesa: l’altare, che a tutti per secoli ha suscitato timore e riverenza.

Una riverenza ipocrita, a mio avviso, perché l’amore non è amico della riverenza ma, semmai, della riconoscenza e del donarsi. Una riverenza basata solo sulle gerarchie della paura, di stampo umano e maschile.

Mi sono sentita come una regina a una sfilata verso il proprio Sole. Un punto accogliente là nel centro dell’abside.

Mi sono sentita caricare di un’energia che mi era stata tolta ben quarant’anni prima…

Vengo da un’infanzia in cui il catechismo fu puro terrorismo. Terrore di Dio.

La notte faticavo a dormire per via dei racconti truci che ci faceva la vecchia bigotta che ci impartiva le sue “lezioni” in preparazione della “comunione” (che di comunione non aveva proprio niente).

Avevo il terrore che Gesù mi comparisse per comunicare con me o per punirmi per qualcosa, come faceva spesso, pare, con i bambini che aveva conosciuto lei. Avevo una paura che mi portò ad assaggiare i primi segni degli attacchi di panico già allora, prima dei dieci anni.

Nell’adolescenza le sere scrivevo su un diario segreto ossessionata dalla mia perdita di fede e di Dio. Non capivo come salvarlo dentro di me da quando il prof di psicologia delle magistrali ci disse che “l’amore è solo impulsi elettrici e reazioni chimiche”.

Fu un periodo terribile, scomodai tutti i preti e i parroci del mio Comune e della curia con domande più grandi di me – e di loro, evidentemente, visto che nessuno seppe darmi risposte decenti.

E oggi in una chiesetta vuota e silenziosa, disponibile alla mia presenza e ai miei abbracci, sfilavo come una regina alla faccia di tutte le bugie, alla faccia dell’amore traviato e vituperato, alla faccia di tutte le volte in cui ci hanno bruciati vivi per essere in contatto col bosco, alla faccia del terrorismo, alla faccia degli anni che mi hanno fatto “perdere” e di tutte le vite non vissute nei secoli del terrore di Dio, un Dio inventato, opposto all’Amore.

Mi sento pacificata. Piena di intuizioni e di visioni, tra quella chiesetta antica e tutti i boschi intensi che sto visitando (Toscana – Foreste Casentinesi; Lazio – Tuscia…).

E sogno il giorno in cui, magari, entreremo nudi in chiesa. E potremo, tutti, sentire l’energia cristica accendersi nel petto scorrere attraverso tutto il nostro corpo.


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