RITIRO DI DUE MESI CON ME STESSA
LA DIMENSIONE UMANA
La “riapertura” è per me altrettanto surreale della “chiusura”.
Premetto che, come si è potuto evincere da tanti miei scritti precedenti, vivo in campagna e la dimensione di tutti gli italiani come me (monti, colli, campagne…) è stata quella di diversi chilometri quadrati indisturbati nella natura.
In quest’ottica, quello che ci ha fatto vivere il periodo dei due mesi di “quarantena” è stato il ritorno a una dimensione più adatta ai nostri sensi e alla nostra biologia.
Mi sono resa conto come mai prima del motivo di respiro contratto e stress latente, sempre presente, in tanti esseri umani oggi, inclusi quelli che come me hanno scelto di fare solo ciò che amano. Mancava la DIMENSIONE UMANA.
Cosa intendo per dimensione umana?
Beh, pensavo che… se solo di fronte al ritrovamento di una piuma colorata, alla scoperta di un pozzo mai visto, o di un libro affascinante, o di un fiore sconosciuto una persona può poi spendere ore a onorare e rielaborare ciascuno di questi elementi in forme d’arte (fotografie, racconti, riflessioni o altro), come capita a me e a molti altri… come si può mai essere felici se si pensa che il mondo è tutto (e dico tutto) disponibile e che dobbiamo correre da tutte le parti a più non posso per non farci sfuggire neanche un metro di terra, un metro di esperienze, un metro di opportunità?
Perché pare non essere solo disponibile il mondo: pare essere obbligatorio.
Produrre, consumare, riprodurre (uguale), dimostrare, dimostrare, dimostrare ogni minuto, correre, arrivare dappertutto con qualunque mezzo…
La quarantena mi ha dato il permesso di vivere la dimensione biologicamente e sensorialmente umana senza dovermene giustificare.
La quarantena mi ha dato il permesso di vivere la dimensione biologicamente e sensorialmente umana senza sensi di colpa, senza pressioni che mi facessero sentire obbligata ad espandermi oltre. A dimostrare qualcosa.
La quarantena mi ha dato il permesso di vivere la dimensione biologicamente e sensorialmente umana senza l’eccesso di stimoli e programmi con cui viviamo quotidianamente come fossimo dei computer, quando non lo siamo.
Ma se mi è bastato salutare ogni alba e presenziare a ogni tramonto senza fretta per essere piena di gioia… Se mi è bastata e ampiamente avanzata la meraviglia di essere onorata testimone di ogni singolo passo delle piante e degli animali nel ciclo primaverile, accompagnata da loro stessi passo a passo, in silenzio, restando solo ad osservare ogni movimento, ogni progresso, ogni nascita, ogni suono, ogni movimento, ogni novità, ogni odore, ogni singolo giorno e minuto… come posso pensare che serva davvero tutto il mondo e tutti gli stimoli immaginabili per essere felici? E riempiti, riempiti, riempiti…
Quello non è riempirsi: è come se avessi cucinato un piatto buonissimo, con grande amore e pazienza, e in ultimo lo annacquassi con litri di liquido per renderlo “più grande”, “più visibile”, “più forte”… non sarà più forte. Sarà quella cosa insapore che molti chiamano vita senza avere mai visto nascere un pulcino o ascoltato il suono che fanno i semi di olmo nel vento, senza avere mai osservato il tramonto di Venere o le fasi lunari.
Ha, davvero, qualche senso?
Ogni presente è pieno, strapieno di abbondanza: ogni momento, ovunque, esonda abbondanza. Se i sensi li usi.
Non avevo mai, mai considerato la prospettiva di Novecento (il protagonista de La Leggenda Del Pianista Sull’Oceano) da questo punto di vista e mai come ora ho capito il personaggio di un libro.
Il senso della vita è davvero possedere il mondo, doverlo abbracciare tutto?
Anche solo se vivi in una metropoli non potrai mai goderti ogni singolo suo angolo. Sarai costretto a scegliere e, alla fine, la tua vita intima e reale, quella del cuore, si svolgerà più o meno sommando tutto nello spazio di un rione. Perché allora non arrendersi e semplicemente ESSERE FELICI DOVE SI E’, in ogni istante, senza posticipare?
I nostri sensi, negli ultimi decenni, sono stati sopraffatti. Le nostre piante stanno affogando da tanta acqua abbiamo versato sopra di loro e sembra che dobbiamo continuare a farlo. Per qualche strano e tacito imperativo categorico non scritto, ma ben presente ogni volta in cui apriamo gli occhi la mattina.
Ritengo che lo spazio umano sia quello a cui può arrivare la nostra meraviglia.
Se la provi, ti possono bastare alcuni chilometri per una vita e ogni passo sarà sempre nuovo, anche per cent’anni. Perché nulla nella natura e nella storia è immobile. Se non la provi, potrai continuare a correre, a consumare e a spendere tutta la tua esistenza, ma non la proverai da nessuna parte. Se non, forse, quella cosa superficiale di pochi minuti che una nota meraviglia del mondo magari può accenderti, ma resta solo mangime allungato con l’acqua, se non sai vedere la bellezza ovunque. Perché è davvero ovunque. È un fatto, non è retorica, un fatto al punto da cambiare la vita per sempre.
E allora forse non ci sarebbe bisogno di affannarsi per qualcosa che non arriverà mai e che intanto causa inquinamento, erosione di risorse (planetarie, mentali, emotive, economiche) e ci fa perdere la bellezza che abbiamo davanti e non vediamo.
Il tempo umano l’avevo ricercato e trovato in realtà in cui avevo già scelto di vivere (nove anni tra il deserto e il mare in Sinai, per esempio). Ma è la prima volta che in questo tempo umano ci entra tutto il mondo e io mi sento del tutto intitolata a godere di ogni goccia di rugiada, di ogni nuvola, di ogni telefonata, con un piacere totale, senza dovere dimostrare niente oltre al presente. E senza sembrare pazza.
IL NUOVO LIBRO di SONIA SERRAVALLI:
IL MASCHILE SACRO
⇒ ⇒ ⇒ I MIEI LIBRI Per aiutarti: ARMONIZZAZIONE DELL’ANIMA
“La quarantena mi ha dato il permesso di vivere la dimensione biologicamente e sensorialmente umana senza …”
Hai usato ben tre volte questo incipit di capoverso, quasi a voler incidere nella carne quel concetto così come il tatuatore incide la sua percezione del bello sulla pelle.
Io credo che se la quarantena ci ha insegnato qualcosa, quello è il vero significato della parola «’senza» .
Ci ha fatto capire che molto è superfluo, viviamo in un mondo fatto di eccesso e poca concretezza, quella concretezza che è sorella di « senza».
Possiamo essere di più senza guardare a una apparenza sciocca e iinutile per l’anima. Utile solo all’ego.
Grazie Lorenzo per la tua riflessione!
Ciao Sonia concordo con te nell’aver assaporato tutto questo silenzio fertile, con i suoi raccolti, di nuovi punti di vista che ci fanno apprezzare la semplicità, la natura che invece prima non riuscivamo a godere perché dentro la ruota del criceto eravamo sempre di fretta ma fermi spiritualmente e ora per incanto siamo anche più connessi con la madre terra e con il cielo!!! Questo periodo stare nella tana è stata come la culla della nostra anima!!!
Grazie di cuore Daniela! Belle le metafore tana e culla… e utero!
Un momento davvero simbolicamente molto intenso.
Ti abbraccio forte!