ti ho usato per tutta la vita

TI HO USATO PER TUTTA LA VITA

L’INFINITO attraverso l’altr*

Dedico questa composizione libera e spontanea in primis a tutte le belle persone che, ignare, entrano in confusione a causa dell’approccio consumistico alle relazioni – che è anche l’unico approccio che ci hanno lasciato in eredità.

Lo stile di vita che ci ha fatto pensare che fosse l’altr* a doverci fornire una chiave, una soddisfazione costante a tutti i nostri bisogni e una distrazione sacrosanta per non confrontarci con noi stessi.

L’oblio della vera e confortante intimità.

Dedico questa lettera libera e spontanea a tutte le Donne e gli Uomini che sono in cammino per equilibrare i principi femminile e maschile dentro di sé e con l’altr*. Allo scopo di arrivare a vivere una vita piena e realizzata, in un mondo ricco e in uno stato di benessere inimmaginabile laddove ancora sussistano dipendenze e disequilibri.

Quindi, la dedico anche a chi, di fronte alle fasi alterne dell’Amore e alle sue lezioni altissime, crede di stare soffrendo, quando sta semplicemente crescendo.

Dedico questo pensiero libero e spontaneo anche a tutte le belle anime che stanno pubblicando scritti e video su questo argomento e utilizzando tutte le esperienze a loro disposizione per evolversi in questa direzione.

Verso l’altr*: il mezzo più grandioso, e forse l’unico, per arrivare a Se Stessi e alla Coscienza.

“La sola cosa che si possiede è l’amore che si da”

– Isabel Allende

confidenze aperte
Photo by Photo-Poetry Sonia Serravalli

Ebbene sì. Ti ho usato per tutta la vita.

Ti ho usato per tutta la vita per vedere nella tua bellezza la mia bellezza.

Ti ho usato perché attraverso di te ho potuto entrare in una dimensione in cui la normalità non esiste più, in cui la routine non è più pericolosa, in cui si ride molto e il tempo si estende all’infinito.

Una dimensione in cui si sta semplicemente bene, completamente bene, perché il benessere non viene più da fuori, ma da dentro.

Per questo ti ho usato, anche quando tu non sei riuscito ad entrarci come me e hai continuato a chiederti cosa ci fosse di tanto speciale in un minuto di silenzio, in una mattina di pioggia, in un film noioso, in un vetro rotto insieme. In una singola donna su quattro miliardi di donne.

Ti ho usato per decenni per comprendere che l’amore si impara. Che non è mai bello come nei film, perché è mille volte più brutto e mille volte più bello di quello dei film. Che non arriva mai preconfezionato e che la strada per impararlo sarebbe stata quella che più di tutti gli altri milioni di strade mi avrebbe trasformata da una ghianda a un’enorme quercia.

confidenza

Ti ho usato per gran parte della mia vita per scoprire la perfezione dell’imperfezione. E questa perfezione assurda dietro tutti i suoi nei e le sue rughe e le sue crepe non è raccontabile da nessun discorso, da nessun film, da nessuna canzone e da nessun libro. O la capisci, o resti fuori, piccolo e nudo, nel mondo infinito.

Ti ho usato per dimostrare, già da tanto tempo, un mio teorema personale: che una narrativa comune possiede un valore nettamente superiore a quello di qualsiasi perfezione apparente.

Ti ho usato dunque per comprendere per sempre, e per qualunque settore della vita, che non era tanto importante il segno positivo o negativo sulla scala. Ma che quello che era importante, era la scala.

Ti ho usato per dimostrarmi e per dimostrarti che se anziché “tenere duro” restavamo teneri ed elastici, saremmo arrivati fin qui mentre tutti gli altri si lasciavano.

Ti ho usato per decenni per comprendere che quel languore struggente che mi procuravi (e la stessa natura inconsumabile di quel languore struggente) non era realmente pericoloso e non poteva che avere le radici nel regno di ciò che è sacro e nel terreno che permette a una persona di vedere l’infinito attraverso l’altr*.

Ti ho usato per anni, facendo festa o sbattendo contro un muro e alternando le escursioni in paradiso alle traversate in solitaria all’inferno, per far capire alla mia testa dura che i momenti in cui desideravi stare da solo, anziché essere la nostra disperazione, sarebbero stati per me le più grandi chance per tornare ciclicamente a guardarmi allo specchio, a partorire ancora una storia, a dare alla luce una nuova visione, a portare al mondo la mia alchimia.

E che nessun altro avrebbe mai potuto regalarmi questi momenti, senza disperderci mai. O che in fondo non avrei accettato nessun altro non in grado di darmi questi momenti.

Ti ho usato a lungo per imparare, molto lentamente, quanto qualunque evento o aspetto apparentemente negativo per me, per te o per noi, avrebbe potuto essere trasformato praticamente in ciò che si voleva.

la natura dell'amore
Photo by Photo-Poetry Sonia Serravalli

Ti ho usato inconsciamente per portare avanti una delle sfide più grandi di una vita. Quella di rinunciare a rendere conto agli altri; quella di smettere di aderire al copione delle altre coppie e ai protocolli degli altri; quella di smettere di preoccuparmi se non avessero capito o se mi avessero giudicata; quella di smettere di spiegare e di rinunciare alla logica comune, pur rimanendo a viverci dentro.

Ti ho usato inconsapevolmente per curare attraverso di te tutte le mie dipendenze.

Ti ho usato per monitorare quanto sarei stata in grado di accettare l’altro completamente, senza giudicare e senza volerlo cambiare. E imparare così la più grande espressione umana. Fatto che, tra le altre cose, permette a una persona di poter lasciare il mondo in qualunque momento senza poter avere niente, niente da rimpiangere.

Quando di fronte a tutto questo ti sembra di non sapere più cosa fare e ti sembra che la noia sia possibile, penso semplicemente che ti sei distratto; che stai guardando dalla parte sbagliata, oppure nel buio. Che ti fa perdere quel Qualcosa di così eclatante che andrebbe scritto con la lettera maiuscola. Ma che per quanto io mi impegnassi in trasfusioni di sangue e di cuore e di energia e di luce, non potrei passartelo.

Forse perché devi intraprendere lo stesso giro specularmente per vedere le stesse cose.

O magari lo hai già fatto e hai solo paura ad aprire gli occhi, altrimenti vedresti tutto questo. E potrebbe essere troppo, perché è Tutto.

O, ancora, forse perché ti ho usato.

Perché senza di te come oggetto di sentimenti, avrei creduto pateticamente all’amore e non avrei mai potuto imparare l’Amore. Quello sostanzioso, quello doloroso e nutriente e pericoloso ed impegnativo e trascendente. E tu hai paura ad usare me come trampolino di lancio per sfiorare l’infinito.

Però sarebbe divertente ed eccitante. Come è stata divertente ed eccitante tutta la Vita che ho visto e che sto vedendo attraverso di te.


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3 Commenti

  1. Sonia, premetto che non sn particolarmente intelligente, non ho sicuramente la tua cultura, ma io questo articolo non l’ho capito. Ci ho pensato e l’ho riletto. Poi ho deciso di scriverti perché non mi va giù il fatto di non capire. Me lo puoi spiegare? Grazie Paola

    1. Ciao cara.
      Grazie per leggermi sempre con tanta fedeltà!
      Questo scritto ha a che fare con cose che sono allo stesso tempo altamente filosofiche e profondamente fisiche e viscerali.
      Ha a che fare con il percepire l’altro, con tutti i suoi pregi e tutti i suoi limiti, come una preziosissima palestra per la nostra evoluzione, per la nostra crescita interiore.
      Ha a che fare con il coraggio di investire anche in ciò che pare illogico o anticonformista, se lì ci guida la nostra voce interiore. Con il coraggio di non scappare sempre. Con il coraggio di non scappare di fronte al dolore e all’abisso. Con il coraggio e la disponibilità e la consapevolezza di avere le capacità di trasformare tutto.
      Ha a che fare con lo smettere di accusare l’altro/a e con il vedere sempre gli altri come riflessi di parti di noi su cui dobbiamo ancora lavorare. Oppure di cui essere grati, perché magari questi riflessi ci rispecchiano la nostra bellezza e la grandiosità di quello che abbiamo dentro e di quello che possiamo.
      Ha a che fare con il valore dell’essere in due, che per quanto io abbia sperimentato, può permettere di arrivare più in alto nell’evoluzione rispetto al provarci da soli.
      Ha a che fare con l’abbandono di dipendenze emotive e aspettative.
      Ha a che fare con il fatto che senza il dare, senza il prendersi cura, senza l’investimento nell’altro/a, non cresciamo mai veramente e non possiamo conoscere in maniera profonda la natura del mondo, di questa incredibile chance di esserci incarnati.
      Ha a che fare con decine di altre cose del genere…. Spero di essere stata un po’ più chiara ora 🙂 Ti abbraccio forte, grazie del tuo intervento!
      Sonia S.

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